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14 marzo 2010
Si gioca finalmente a carte scoperte, si calano gli assi e arrivano le prime conferme di quanto si era visto nei test: Ferrari al top, Red Bull molto veloce ma fragile, McLaren e Mercedes da migliorare. Dietro di loro si colloca una buona Force India. Bravi i piloti della Renault.
Fernando Alonso: "veni, vidi, vici"
Ha vinto due mondiali tirando al massimo quando la vettura glielo permetteva, controllando quando invece la sua Renault non era all’altezza delle concorrenti. Così disputa il suo Gran Premio d’esordio con la Ferrari, che vince come fece Raikkonen nel 2007. Resiste nelle prime fasi, in cui con gomme morbide e serbatoio pieno la Ferrari non sembra veloce come la stampa aveva ripetutamente proclamato. Migliora la situazione con le gomme dure, si avvicina a Vettel e poi non può far altro che approfittare dei guai del rivale tedesco per portarsi in testa e mantenere la prima posizione fino al traguardo. Statisticamente chi vince il primo Gran Premio dell’anno ha ottime possibilità di aggiudicarsi l’iride a fine stagione. Chi ben comincia...
Felipe Massa: rientro molto positivo
Si comporta bene al suo ritorno alle gare dopo l’incidente che lo ha tenuto lontano dalle piste per tanti mesi. Fa meglio di Alonso in qualifica ed è l’unico fra i primi 10 che migliora il suo tempo nel Q3 rispetto al Q2; ma al via perde la posizione a favore del compagno di squadra e gli resta dietro fino alla fine. E’ però vittima di problemi tecnici da metà gara in poi che lo costringono a rallentare il ritmo; già il sabato mattina era rimasto fermo ai box per un problema al fondo della vettura. Se si sommano anche i due motori cambiati prima del via, non è chiaro dove sia la formidabile affidabilità della F10 sbandierata dalla stampa.
Lewis Hamilton: bravo
Su di lui c’erano forti dubbi sulla capacità di adattarsi ad un formato di gara che richiede un approccio più "gentile" verso la vettura; lui, che ci ha abituati con la sua guida aggressiva, sempre a chiedere il 110% alle sue gomme strapazzandole quasi ad ogni staccata. Invece l’inglese si comporta bene, da metà gara in poi regge bene il passo delle Ferrari, e sale sul podio grazie ai problemi di Vettel. A deludere è la vettura dalla quale ci si aspettava una prestazione più solida, se non altro per le polemiche nate attorno al famigerato alettone posteriore, che pare andare in stallo quando il pilota piega la testa o quando tira ginocchiate nell’abitacolo. Un polverone che faceva pensare ad un vantaggio tecnico preoccupante per i diretti avversari, che di fatto non esiste.
Sebastian Vettel: stoico
Lo avevamo detto alla fine dei test: la Red Bull è veloce ma fragile e la prima gara ne è stata la dimostrazione. Il tedesco fa vedere tutto il suo valore in prova con una prestazione maiuscola e in gara con un ritmo che forse nessuno si aspettava, soprattutto a serbatoi pieni. Vettel costruisce il suo vantaggio nel misto stretto dove tira fuori le doti telaistiche della sua Red Bull. Poi il cedimento dello scarico, l’ultimo di tanti problemi visti in Spagna e sul circuito del Sakir; peccato, perché il duello con Alonso poteva essere entusiasmante. Porta comunque la macchina al traguardo, per ottenere una manciata di punti che in un campionato serrato come questo alla fine potrebbero far comodo. Da vedere come ne è uscito il motore da questa prova di forza.
Nico Rosberg: inizio positivo
Gli occhi erano puntati su di lui per il confronto diretto con lo scomodo compagno di squadra, ma dal primo round ne esce vincitore. Corre bene, con costanza e senza commettere errori. Ad essere al di sotto delle aspettative è la vettura che guida. Alla vigilia era stato annunciato che non erano dove avrebbero voluto essere, e la sensazione che dei quattro top team fossero i più deboli era giusta. Si trovano in una situazione analoga a quella della McLaren nonostante un progetto concettualmente differente.
Michael Schumacher: non è come in Ferrari
Cancellare tre anni di stop non dev’essere facile per nessuno. Ritorna con una situazione tecnica che storicamente non gradisce: passo più lungo e macchina sottosterzante. Risulta sottotono rispetto al compagno di squadra, col quale dovrà lavorare per migliorare le prestazioni della monoposto tedesca: con gli investimenti fatti, la Mercedes pretende sicuramente di più. Aspettiamo le prossime gare per giudicare meglio il suo andamento.
Jenson Button: assente n.1
Sempre in ombra rispetto ad Hamilton, sembra guidare in modo passivo, pare subire la macchina e nei confronti diretti non tira fuori quella grinta necessaria per guadagnare la posizione. Nel 2009 si è matematicamente laureato campione del mondo disputando una gara splendida. Quest’anno deve dimostrare di meritarsi quella laurea.
Mark Webber: assente n.2
E’ lontano da Vettel. In qualifica, nel giro decisivo, commette un errore nel settore centrale e scivola in terza fila quando aveva la possibilità di stare fra i primi tre. Inizia il Gran Premio spruzzando olio come fosse diserbante e disputa una gara fatta di una guida incostante, ricca di piccole sbavature e ruote bloccate in staccata. Nelle ultime fasi sembra più veloce di Button, ma non riesce mai ad essere veramente in condizioni di attaccarlo, anzi, per un momento deve vedersi dal ritorno di Liuzzi. Su di lui pare che aleggi la figura di Raikkonen, pronto a sostituirlo non appena le cose dovessero mettersi male. Si direbbe un’ipotesi un po’ affrettata, ma intanto il suo mondiale non è iniziato nel migliore dei modi.
Vitantonio Liuzzi: ottimo
Completa una splendida gara dopo una qualifica che lo aveva deluso e si porta a casa due punti importanti. Ma di importante c’è anche il valore dimostrato dalla Force India: oggi sul circuito del Sakir, erano la quinta forza in campo. Un progetto competitivo anche su circuiti più guidati, vero limite della vettura dello scorso anno.
Rubens Barrichello: sornione
Non è lui a deludere ma la Williams che guida. Sembrava disporre di un buon potenziale, invece il pacchetto non convince, né in qualifica né in gara. Il team sostiene che devono ancora lavorare per tirare fuori il 100% dalle nuove componenti portate. Intanto quel minuto di distacco da Alonso è abbastanza pesante se confrontato con le promettenti sessioni invernali. C’è molto da lavorare perché alla Force India i tempi in cui occupavano costantemente le ultime posizioni sembrano finiti.
Robert Kubica: coraggioso
Guida una vettura mediocre ma lui riesce a portarla fino al Q3, qualificandosi nono, ovvero primo fra coloro che non corrono per uno dei quattro top team. In gara è vittima di un incidente con Sutil, che rovina il Gran Premio di entrambi; non si arrende e recupera, esibendosi anche in uno splendido sorpasso ai danni di una Toro Rosso sverniciata all’esterno di una curva, dove il velo di sabbia è pronto a mandare fuori pista chiunque osi metterci le ruote sopra.
Adrian Sutil: alternativo
E’ l’unico fra i primi dieci che sceglie di qualificarsi con le gomme dure. L’azzardo però non riesce, perché dopo la prima curva si tocca con Kubica. Recupera fino al 12° posto, confermando la consistenza del progetto del suo team. Fra 15 giorni ci sarà voglia di riscatto.
Jaime Alguersuari, Sebastien Buemi e il team Toro Rosso: cominciamo male
Sembrava, dalle sessioni svolte a febbraio, che potessero esprimere già in Bahrain un potenziale maggiore di quello visto. A parte le eliminazioni scontate nel Q1 dei piloti Lotus, Virgin e HRT, è proprio Alguersuari ad abbandonare subito le qualifiche. In gara non si vedono e Buemi è costretto al ritiro poco prima della bandiera a scacchi.
Nico Hulkenberg: in attesa della rivincita
Debutto così così per il giovane tedesco. Accettabile il distacco in qualifica da Barrichello, ma in gara cade quasi subito nella trappola di un dosso inguardabile, parte di una pista brutta e senza identità. E’ uno dei pochi che cambia gomme due volte; esperimenti, forse, a gara ormai compromessa. Finisce doppiato, ma in Australia deve rifarsi.
Heikki Kovalainen, Jarno Trulli e il team Lotus: sono dove ci si aspettava di trovarli
Sono l’unico team fra le new entries a portare entrambe le vetture al traguardo (anche se Trulli compie gli ultimi giri pianissimo). Il distacco dai primi è notevole, ma hanno bisogno di tempo per migliorare. La base, almeno dal punto di vista dell’affidabilità, è migliore rispetto alle altre debuttanti.
Pedro De La Rosa, Kamui Kobayashi e il team Sauber: non sono in forma
Qualche lampo nei test poteva far pensare a qualcosa di più concreto. Invece si dimostrano indietro e disputano un Gran Premio impotenti, quasi in attesa della bandiera a scacchi. Ma arriva prima il doppio crack ad anticipare il trasloco verso Melbourne. Chi aspettava il "Kobayashi show" sarà rimasto deluso, ma c’era poco da difendere.
Bruno Senna, Karun Chandhok e Hispania Racing Team: miracolosi
La loro presenza in Bahrain è un vero miracolo, se si pensa a tutti i problemi che il team ha attraversato e il poco tempo che hanno avuto a disposizione per mettere insieme le due vetture. Il susseguirsi di guai fanno parte del primo shakedown: se fosse successo in una sessione di test invernali non avrebbero destato alcuno scalpore. A lasciare perplessi non è il loro lavoro, piuttosto il modo in cui la FIA ha gestito la questione dell’ingresso di nuovi team dall’aprile scorso.
Timo Glock, Lucas Di Grassi e il team Virgin: nulla di nuovo
Continuano i problemi di affidabilità già visti in Spagna, e soprattutto con Di Grassi i giri compiuti sono davvero pochi; il loro Gran Premio sembra una fotocopia di una delle sessioni di prove viste a febbraio. Però a livello di velocità sono più o meno sullo stesso livello della Lotus, diretti rivali per la leadership fra le debuttanti. Hanno bisogno di tempo. Concediamoglielo.
Vitaly Petrov: buon debutto
La prima gara in Formula 1 non dev’essere facile per nessuno, ma complessivamente si comporta bene e non commette errori. In qualifica è indietro, ma ha tutto il tempo per migliorare. In gara mantiene un bel ritmo, fino al ritiro, dove non ha colpe.
L’angolo degli orrori
Questa settimana: Gianfranco Mazzoni
E’ un dipendente del servizio pubblico, di fatto stipendiato dai contribuenti che ne diventano i suoi veri e propri datori di lavoro. Annuncia la fine della gara e la vittoria di Alonso con un giro di anticipo, mentre snocciola statistiche inutili e annuncia punteggi che alla prima gara non interessano a nessuno. Va in tilt quando si rende conto dell’errore, ma non ha la decenza di scusarsi. Neanche quando precedentemente esulta per il ritiro di Buemi scambiandolo per Webber.
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